Ciao,
no non parliamo di programmi di allenamento per artropodi sportivi... abbiamo visto che le trilobiti bene o male hanno fatto un po' di tutto negli anni in cui sono state qui presenti. Hanno filtrato, predato, spinato, colorato... insomma un po' di tutto, ma... come erano messe a nuoto? Nel senso... le zampe erano ben sviluppate, tuttavia mi sono chiesto come facessero le trilobiti che nuotavano a effettivamente nuotare, e che modo avessero scelto per attuare questo tipo di spostamento, chi dice addirittura che le spine potessero aiutare in tal frangente.
Mi spiego. Il limulo (ne ho parlato in un altro articolo relativo ad un altra mia curiosità) nuota "a dorso" ovvero capovolto, e così anche quei simpatici artropodi che a Venezia chiamavamo "porsèette de mar" (porcelline di mare) e che lasciavano dei bei morsichini sulle mani di chi li toccava. E le trilobiti? Vuoi che non ci sia stata qualche specie che provava a nuotare capovolta? Ne avete notizia?
Insomma... non potremo stupirci se trovassimo qualche "trilobite" in fondo all'oceano ancora in vita ;-)
Max, ci sono stati alcuni studi sulla morfologia ed evoluzione dell'apparato visivo di alcuni trilobiti rinvenuti nella piattaforma esterna ed in condizioni quindi di probabile assenza di luce. Crôriner e Courville (2003) "Crônier, C., Courville P. (2003). Variations du rythme du développement chez les trilobites Phacopidae
néodévoniens. C.R. Paleovol. 2:577-585."
Questo studio mira a mostrare l'evoluzione dell'apparato visivo in alcuni phacopidae del Devoniano inferiore e medio e la graduale migrazione sino a sparizione nel margine esterno del cephalon; ne ho parlato sul mio libro e di cui riprendo una tavola che ridisegnai a partire dal loro lavoro.
Invece non ti so dire al momento sino a che profondità potessero arrivare i trilobiti, ma sicuramente in circa 300 milioni di anni hanno avuto tutto il tempo per adattarsi ad occupare tutte le nicchie ecologiche, comprese quelle batiali come fanno gli attuali artropodi, che si rinvengono presso i camini vulcanici nelle dorsali oceaniche.
Hoff Crabs and Stalked Barnacles on the East Scotia Ridge. NERC. , foto tratta da qui
Bravi ragazzi, notizie veramente istruttive.
Per Ebo. Ma secondo gli studi effettuati in particolare come dicevi sull'apparato visivo quali potevano essere le tipologie di trilobiti che vivevano a più profondità e, per caso, si sono fatte approssimazioni relativamente alle massime profondità raggiunte dalle "bestioline"?
Grazie intanto per la splendida spiegazione... adesso mi sono impuntato per capire che tipo di animale sia la mitica "porsèetta de mar" che incontravo da piccolo... nuotava sia ventralmente che dorsalmente, solitamente composta di uno o due segmenti, con una corazza superiore scura e sotto le zampette... per ora ho solamente trovato gli isopodi e qualche parassita... ma non mi fermo mica, ah no...
Grazie ancora per tutto Enrico, sei una fonte inesauribile!!!
In attese di preparare tavola faccio un pigro "copia e incolla" a partire da un capitolo che scrissi sul mio libro dei trilobiti. Effettivamente nuotavano e eccome.
Sebbene non si sappia con certezza, dalla morfologia di molti di essi, si evince che nuotassero esattamente come tu hai indicato, cioè sottosopra.µ
La forma idrodinamica di alcun idi essi (come Cyclopyge, Carolinites, Opipeuter...) lasciano pochi dubbi. Segue parte della descrizione fatta a suo tempo:
Un certo numero di trilobiti conduceva presumibilmente uno stile di vita come liberi natanti in mare aperto. Questi trilobiti si possono differenziare in veloci nuotatori “fast swimmers”con corpo particolarmente idrodinamico come Novakella, Microparia, Degamella, ed in “slow swimmers” di forma più
tozza e dotati di spine come i generi: Carolinites, Telephina, Cyclopyge ed Opipeuter. Come conseguenza di questa libertà di movimento essi hanno posseduto un’ampia distribuzione globale.
La caratteristica di base è la forma idrodinamica dell’esoscheletro, la ridotta dimensione delle pleure che consentiva una migliore elasticità del thorax e
soprattutto la presenza di occhi ipertrofici coprenti un angolo visivo talvolta prossimo ai 360°. Questa specializzazione è legata alla possibilità sia di poter
compiere un’attiva caccia allo zooplancton, sia per la predazione di piccoli animali nectonici ed evidentemente per il riconoscimento di predatori nelle acque circostanti. In figura é riportata una ricostruzione del trilobite pelagico Opipeuter (Ord. Proetida, Sup.Fam. Bathyuroidea) dell’Ordoviciano inferiore, figurato come natante “a dorso”.
In effetti la posizione ventrale per la natazione sembra essere stata la migliore dal punto di vista idrodinamico, in modo analogo agli odierni limuli, branchiopodi e quelli che chiami "porsèette de mar" tra gli altri.
Questi organismi con stile di vita pelagico non erano evidentemente in competizione con le forme bentoniche, ma esisteva in seno a questo gruppo una “stratificazione” degli individui natanti. Per esempio, McCormick & F ortey (1998) rilevano per i due trilobiti coevi Carolinites e Pricyclopyge una distribuzione verticale, occupando rispettivamente un ambiente epipelagico e mesopelagico.
Questa distribuzione batimetrica è stata stabilita in base all’analisi dell’ optimum eye design, ovvero la capacità di accumulare in modo ottimale più luce possibile in conseguenza alla disposizione spaziale delle singole lenti, il diametro delle stesse e la morfologia dell’apparato visivo. Emerge ad esempio, che la struttura degli occhi di Pricyclopyge è adatta per svilupparsi in zone con scarsa illuminazione rispetto a CarolinitesQueste considerazioni di conseguenza permettono di precisare con buona approssimazione i rispettivi ambienti di vita.